Max Zocca

Nato a Monza nel 1971, vive a Cinisello Balsamo (MI). Lavora come operaio metalmeccanico e ha collaborato con un mensile di musica, scrivendo recensioni. Ha partecipato anche alle attività della Protezione Civile. La sua profonda connessione con Milano traspare nei suoi scritti. "Stati di alterazione" e "A caro prezzo" sono le sue prime pubblicazioni.

 

La vita della morte, la morte della vita racconta di Stefano, un operatore sociale, e Roberto, un malato terminale, si confronteranno profondamente sull’incertezza nel sapere cosa ci sia dopo la nostra dipartita, che rimane solo un mistero per chi non ha la giusta sensibilità per cogliere dei segnali evidenti.

Nota dell’autore

A mio modesto avviso nutrire la propria spiritualità è fondamentale per mantenere un giusto equilibrio in questa vita oppressiva per ritmi e tematiche. Non importa in chi o cosa crediamo, l’importante è credere, perché solo così si ha speranza. Leggendo questo racconto mi auguro che il lettore capisca che si può e si deve andare oltre alla razionalità e il freddo distacco che questa società impone, riscoprendo sfumature e segnali che con un po’ di romanticismo e fantasia potrebbero renderci le giornate meno dure, con la speranza che i nostri cari possano proteggerci per sempre.

1 recensione per La vita della morte, la morte della vita

  1. Alessia

    Stefano, ogni sera, invoca la morte. Anche illustri personaggi della Bibbia: Giobbe, Elia, Paolo e Simone rivolsero a Dio la stessa richiesta, che rimase inascoltata perché il Signore aveva per loro in serbo altri progetti.
    Stefano abita a Milano in una casa di corte. Divide il suo bilocale con Caronte e Ade, due gatti adottati in un gattile. Il protagonista, come l’autore, amano i felini.
    Il ragazzo è volontario presso un’associazione assistenziale che si occupa di malati terminali.
    “La morte può cogliere all’improvviso, ma ci sono che portano le persone a spegnersi lentamente, spesso tra grandi sofferenze, e in questi casi i pazienti sono coscienti che la loro vita sta volgendo al termine.”
    Quando Max parla dei malati terminali è difficile smettere di leggere, non si riesce a staccare gli occhi dalle pagine, da quelle drammatiche e commoventi situazioni.
    Stefano si occupa di Roberto, malato terminale a causa di un cancro ai polmoni. La sua stanza è la n 13 che, nei tarocchi, è proprio la carta della morte. È sottoposto alla terapia BiPAP per immettere ossigeno nei polmoni.
    È la settimana prima di Sant’Ambrogio e la città si sta vestendo di festa. Stefano ha smarrito da tempo quel senso di gioia che portano la feste natalizie. Per quale motivo?
    Veniamo a conoscenza del male interiore del protagonista attraverso le sue confidenze a Roberto. Anche quest’ultimo racconta la sua storia, di come trent’anni prima, avesse conosciuto Elena in un locale sulla Darsena. E, in pochi istanti, capirono di aver trovato l’anima gemella. La magia che si è instaurata nel loro rapporto si concretizza nel matrimonio in stile celtico.
    “Il mio cuore è il tuo cuore, il mio respiro il tuo respiro, l’eternità innanzi a noi si ferma e oggi rinasciamo insieme.”
    Mi sono ritrovata in quella maturazione della coppia che porta, piano piano, ad abbandonare amicizie numerose e feste caotiche per privilegiare momenti più intimi e tranquilli.
    Un drammatico giorno, però, l’idillio del matrimonio tra Roberto ed Elena, viene spezzato …
    Il racconto ha il sapore di quelle coincidenze che fanno pensare che, effettivamente, qualcosa esista oltre questo mondo terreno. Chiamatela illuminazione o ispirazione.
    “Gli angeli o gli spiriti dei trapassati” si possono manifestare in vari modi: una piuma, un suono, un profumo, un pettirosso. “La parola chiave è fede”.
    Fino al commovente finale. “Fino alla fine della nostra vita”.

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La vita della morte, la morte della vita
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